Capri intrattiene da secoli con l’arte un rapporto privilegiato: meta di autori in fuga dalle censure europee tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, rifugio ideale per isolarsi o nascondersi.
Un polo magnetico, una tappa obbligata, un punto di confluenza.
L’isola è stata palcoscenico di incontri e addii tra dandy radicali, esteti dannunziani, avanguardisti: il micro paradiso terrestre in cui artisti tormentati recitavano la diversità, lo spleen, l’insofferenza velleitaria per il proprio tempo.
Luogo di convergenza per chi esplorava nuove forme di linguaggio artistico e di teorizzazione politica, elaborando nuovi progetti di umanità e generando utopie ad alto potenziale: fucina di ideologie, movimenti e correnti che determinarono la storia europea del Novecento. Fra le scogliere di Marina Piccola o le rovine di Tiberio si dettero convegno personalità cruciali: Marinetti, Prampolini, Depero, Walter Benjamin, Peggy Guggenheim.
Su tutti, Edwin Cerio – ambasciatore del cosmopolitismo caprese – accoglieva gli esuli e faceva da ponte fra la cultura internazionale e la cultura mediterranea.
Capri, inventario unico di storie e incontri, disegna una topografia culturale d’eccezione; narra un luogo e un tempo irripetibili.
La Contemporaneità ha abbracciato in parte questa visione facendo dell’isola un grande brand, luogo scelto di manifestazioni artistico-culturali di ampio respiro che vanno ad alternarsi di anno in anno aprendola ad un pubblico sempre nuovo.
Per il secondo numero di Capri Arte, di cui ho felicemente accolto l’incarico di direttrice editoriale, mi è parso utile raccontare il ruolo che l’isola vive talvolta come mera vetrina, altre come incubatrice di idee e progetti culturali. Eppure, anche quando funge semplicemente da venue, Capri è capace di caratterizzare talmente un’iniziativa da farle assumere forme impreviste per gli stessi organizzatori, e che quindi pensata altrove non sarebbe più la stessa.
L’evoluzione che l’isola vive richiede un costante confronto ed un allargamento della visione che non può restare focalizzata solo dentro i suoi confini ma che deve necessariamente comunicare con l’esterno. E cosa più dell’arte? La provocazione, il messaggio estetico e concettuale delle opere contemporanee, l’ibridazione tra la poetica di un artista ed il contesto in cui opera, impongono una riflessione che non sempre porta a risposte chiare e precise.
Negli anni, si sono moltiplicati gli spazi dedicati al Contemporaneo con fiere, eventi, nuovi sedi espositive, tra gallerie emergenti ed affermate, storicamente legate all’isola.
Sono nate o rinate operazioni culturali che prevedono festival, rassegne, premi, mostre in luoghi istituzionali e non solo, per avvicinare lo spettatore al dialogo con l’arte, anche in una lobby di hotel o en plein air, a due passi dalla Piazzetta.
L’utilizzo crescente di nuovi media è un segno tangibile dello stare al passo con mezzi espressivi nuovi che si pongono in comunicazione con le architetture e la tipicità del posto.
L’arte non può e non deve essere un’operazione nostalgia , ma una chiave di accesso ad un mondo nuovo, una lente per comprendere il nostro presente, guardare al futuro , sempre memori del nostro passato.
Ho voluto interpretare l’arte contemporanea come collante per osservare Capri sotto un’altra luce, non come isola del consumo ma quale fonte di ispirazione e scambio.